Definizione di uomo.
Scorrere come
isole nella corrente
nell’alveo del tempo
sradicati dalle fondamenta dell’essere.
Chiedersi se sia
più vero
il sogno nel plenilunio di mezzanotte
o il futile litigio dell’altro ieri
o la fantasia erotica che ti solletica
la ninfa rossa alla fermata del bus
o l’attesa della caduta
o la speranza dicembrina di un anno migliore
infranta dai successivi dodici mesi
e chiedersi ancora
il punto esatto
dove il ricordo sfuma
nella fantasia
la memoria si fa finzione.
lunedì 29 marzo 2021
Panta rhei
mercoledì 24 marzo 2021
AAA Vendesi
lunedì 15 marzo 2021
Deuteranopia
«Qui una volta era tutta
campagna…»
Frase fatta e finita
ma nelle pieghe della banalità
non si celano forse
le verità
più profonde?
Immaginiamo insieme,
tu e io,
sotto questi dorsi d’asfalto
e questi simulacri di edilizia moderna
l’erba che fu,
la pianura infinita a perdita
d’occhio che sfuma
nell’orizzonte sanguigno
tra i ragli dei ciuchi
e i muggiti
di pleistocenici pachidermi,
l’emozione del primo umano
che pose i calcagni
dove ora svetta il semaforo guasto,
e prima ancora
la distesa di sale
dove si dibattevano nella vana
corsa alla vita
banchi di ammoniti,
plesiosauri, ittiosauri,
grotteschi selaci lovecraftiani,
tutti parimenti perdenti
nel gioco insensibile
dell’evoluzione.
Risalendo il gran fiume del tempo
forse disseteremo
l’atavica siccità che arde
i nostri petti
come il sole d’agosto
brucia i campisanti degli ulivi.
sabato 13 marzo 2021
La prospettiva di Gaia
Ho percepito tutto questo, e nient’altro, per lunghi eoni. Nella mia lunga danza planetaria attorno al centro di gravità del nostro sistema ero in compagnia di altri mondi e di rocce più piccole; eppure nessuno di loro era come me.
E intanto i fulmini continuavano a percorrere la mia atmosfera, cadendo sulla terra e sui mari. Nelle acque aleggiava il prodotto di quelle collisioni, la brodaglia frutto delle reazioni fisiche e chimiche.
Ho desiderato a lungo porre fine alla mia solitudine, e alla fine ciò è accaduto. La mia essenza vitale era troppa perché la contenessi tutta: è sgusciata in quelle pozze d’acqua neonate, dove le fertili molecole ristagnavano in attesa di ricevere la vita.
I semi della mia anima hanno attecchito così facilmente!
E allora sono rimasta a contemplare la moltiplicazione di quella vita. Man mano la materia si autoplasmava in forme sempre più complesse. Ho lasciato che sciamassero sopra di me colonizzando i mari e poi le terre emerse, i cieli, le grotte, i ghiacciai.
Come potrei esprimere la bellezza di quel processo di diversificazione in una miriade di forme? E tutto ciò era tanto più bello quanto più serrata e accanita si faceva la lotta per la sopravvivenza. Dall’alto della mia lunga vecchiaia mi domandavo come potessero simili esserini così fragili spendere tante energie per perpetrare la propria progenie. Fino a che punto erano consapevoli di condannarla a ripetere la stessa esistenza breve e grama?
A un certo punto, sono arrivati i parassiti bipedi. Non è stata una cosa improvvisa, così come nulla è stato davvero improvviso nella mia lunga vita.
Inizialmente non erano diversi da qualsiasi altra creatura avesse visto la luce su di me. Sciamarono sulla mia pelle, innocue come tutti coloro che le avevano precedute. Anzi, devo ammettere che il loro cammino mi venne presto a noia: era interessante vederli impegnarsi e penare, penare, penare per sopravvivere come ogni altra specie; ma quando per loro divenne troppo facile prendere il sopravvento sulle altre creature e valicare i limiti che la natura aveva loro imposto, non ci fu più gusto.
Li sottovalutai anche allora. E mi sbagliai. Dapprima piccole punture, poi divennero fitte di dolore. Provai per la prima volta una sensazione che avevo visto miliardi di volte sui volti delle piccole creature che popolavano il mio corpo, ma che non avevo mai sperimentato. I parassiti perforarono la mia pelle, riversarono le proprie sozzure nelle mie vene, mescolarono veleni al mio fiato.
Sopportai, e sopporto ancora. D’altronde un’entità grande e grossa come me non deve abbassarsi al livello di simili omuncoli, vero?
Di tanto in tanto, gli spasmi sono così forti che devo contorcermi, eruttare il mio dolore, e allora qualche migliaio di quei parassiti muore; ma poi torna la calma, e mi illudo che possano capire quanto preziosa sia la loro vita, ma immancabilmente ripetono gli stessi errori.
Ho visto una lunga esistenza. Sono un piccolo, vecchio mondo sconquassato. Esisto perché so di esistere. Da tempo immemore.
Ma per quanto ancora?
mercoledì 10 marzo 2021
La cometa Thanatos
lunedì 1 marzo 2021
Laudes sidera
Lode a te, o
Sole,
cosmico
melograno sfavillante,
corona di
fuoco,
ribollire di
grani fiammanti,
padre di
vita e di morte.
Lode a te, o
Luna,
madre di
tutte le maree,
utero di
tutti i sogni
e le
speranze e le larve
della specie
umana,
alveare di
fantasmagorie
sepolte nei
mari di basalto.
Lode a te, o
Terra,
unica culla
e patria
– per ora?
per sempre? –
pomo della
discordia d’infinite
generazioni
di Orazi e
Curiati,
di Achei e
Troiani,
di Kaurava e
Pandava,
di Olimpi e
Titani.
Lode a voi,
o mondi stranieri,
vicini e
lontani,
figli di
altri soli, madri di altre vite,
mondi di
pioggia adamantina,
mondi di
amniotiche placente oceaniche,
mondi di
tesori biologici sepolti sotto il ghiaccio,
mondi di
altre giungle, di altri deserti,
di altri déi.