lunedì 4 gennaio 2021

Autoritratto

Il laido sclavandario di un fato infame
esiliato dalle fauci uterine materne
su questo fazzoletto di terra jonica
con due secoli di ritardo
o forse quattro di anticipo.

La bocca che ha fame di gloria
e piange per i denti che non ha
ma continua a masticare
ferendosi nelle gengive.

L’intelletto che tutto afferra
e nulla trattiene
nelle maglie di una fantasia tracimante
di una gnoseologia avvelenata
dalla patologia del secolo ventesimoprimo:
l’oziosa modernità.

Le mani che hanno obliato
il sapore di una zolla di terriccio
fumante appena colta
ora battono abuliche sequenze di tasti.

Le viscere ricolme di idiosincrasie
di timidezze
di insicurezze
di troppa cautela
come colesterolo nelle arterie.

L’ombra sterile
la maschera frangibile
la larva di un’identità
che guardano dall’orlo del precipizio
chiamato Vita.

La molteplice vastità individuale
in eterna contraddizione con se
stessa che contiene
infinite galassie di dubbio
infinite costellazioni di pensieri.

Questo
tutto questo
sono io.

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