sabato 15 maggio 2021

La condanna: parte 1

La sala è illuminato a giorno, così tanto che la luce quasi mi ferisce.
La sedia che occupo è la mia prigione. Cinghie di synthleath mi bloccano i polsi e le caviglie su quel trono maledetto. In nome della decenza mi hanno concesso almeno un paio di mutandoni neri, ma per il resto sono nudo.
L’uomo di fronte a me è il mio carnefice. Indossa la divisa dei pris-doc ed è giovane, non avrà più di trent’anni. Eppure nel suo sguardo non vedo traccia di vita. E’ come se avesse due biglie traslucide nei bulbi oculari. Deve aver inflitto lo svanimento a così tanti condannati da essere diventato una sorta di tristo mietitore in uniforme.
Sul lato destro del petto c'è un tesserino: DR. GUSTAF GENELME.
«Convict PO-0949-2364»
Alfredo. Il mio nome è Alfredo. Non sono una stringa di lettere e numeri a caso.
«Lei è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di Trisha Ricciardi e di Sharon Todisco»
Abbasso le palpebre. I loro volti mi fissano sorridenti, come se non fosse successo nulla. Il collo della mia darling è ancora intatto, né i capelli di mia moglie sono imbrattati di sangue e di cervella. Chissà se hanno avuto la forza di perdonarmi, nell’istante in cui spezzavo le loro vite.
«Il suo caso mi ha sorpreso molto» continua il dottore. «Insomma, lei è un lett-prof, non il genere di persona da cui ci si aspetta un omicidio così brutal» Lo sento sospirare. «Perché ha scelto di non avvalersi di un avvocato difensore?»
Da parte mia, silenzio.
«Perché non si è nemmeno difeso da solo?» è l’inevitabile domanda successiva.
Di nuovo, silenzio.
«Oh well, sapeva a cosa andava incontro» conclude il mio interlocutore. «Le hanno già disattivato l’impianto neurocell nell’encefalo, quindi… let’s go con la condanna!»
Apro gli occhi.
Due cam-drones dalla forma sferica mi fluttuano attorno.
«Immagino sappia in cosa consiste il vanishing», continua il boia, mentre si china su di me per sistemarmi il laccio emostatico. «Ogni particella del suo corpo perderà la propria massa e si ridurrà a una semplice radiazione. Resterà cosciente, ma sarà intangibile. Ovviamente non posso escludere che prima o poi il debole legame che unisce le sue particelle si sfaldi. Però sappia che la sua condanna sarà un ottimo esempio. Nulla scoraggia il crimine meglio del timore di una punizione atroce. Da qui a dieci anni vedranno in questa forma di esecuzione una conquista del progresso»
Con lo sguardo seguo i movimenti delle sue dita, il picchiettio sul vetro della siringa per favorire la salita delle bollicine, poi la punta metallica che penetra nella carne. Lo stantuffo avanza e il liquido blu si sposta dalla siringa al mio corpo. È freddo.
Un secondo. Due. Tre. Nessuna reazione.
Dieci secondi. Uno sgradevole formicolio si dipana dalla zona della puntura giù lungo l’avambraccio, e su fino alla spalla.
Venti secondi. Il formicolio ha raggiunto le dita. Il braccio è scosso da uno spasmo improvviso. I tendini e le vene premono sotto la pelle leggermente sudata.
Trenta secondi. Il gelo della soluzione che mi hanno iniettato si sta tramutando in calore.
Quaranta secondi. Stavolta caccio fuori un urlo seguito dall’imprecazione più blasphy che mi suggerisca l’istinto. Il braccio arde dall’interno, eppure ho l’impressione che la pelle si stia facendo più pallida. Il reticolo delle vene bluastre si fa sempre più evidente.
Sessanta secondi. Il mio braccio sembra fatto di vetro, adesso, e così i muscoli, le ossa, le cartilagini. Là dove dovrebbe esserci un intero arto vedo solo un intrico di filamenti scuri che mi fanno tornare alla mente certi video didattici della scuola sul sistema circolatorio.
«I vasi sanguigni sono gli ultimi a sparire», mi dice il dottore. «Insieme agli organi interni. Guardi, se non ci crede.»
Solo allora provo il desiderio di vedere cosa sta succedendo al resto del mio corpo. Guardo il mio ventre: anche lì pelle e muscoli trasparenti, ma sotto il labirinto di capillari pulsa il groviglio rivoltante degli intestini. Le mie viscere! In bella mostra per il pubblico ludibrio! Soffoco a stento un conato di vomito.
D’istinto provo ad aggrapparmi ai braccioli, ma ormai non ho più consistenza e mi sento sprofondare nella materia di cui è fatta la sedia. Come se di colpo mi trovassi seduto sopra le sabbie mobili.
Il volto del dottor Genelme va sempre più up e io sempre più down. Quando gli occhi arrivano all’altezza del sedile provo persino a urlare, ma dalla mia bocca non esce alcun suono. E se anche uscisse, cosa potrebbero fare per aiutarmi?
Per qualche istante si fa tutto buio. La luce rispunta quando la mia testa è ormai al di sotto della sedia e l’ultima cosa che sento è il commento di Genelme: «Ormai è svanito. Bene, next one!»
Adesso sto sprofondando nel pavimento. La discesa è più rapida, forse perché le mie molecole hanno ancora meno massa a fare da ostacolo. E quando l’avranno persa tutta, what happens? Continuerò a scendere more ‘n’ more down, fino al centro della Terra e ancora oltre? O cesserò di essere cosciente prima che ciò accada, disgregato dalle forze fisiche? Forse sarebbe una benedizione, se l’esistenza che mi attende è quella di uno spettro incorporeo che guarda gli altri vivere.
And yet un’altra considerazione attraversa la mia mente: sto per sperimentare una condizione ignota agli uomini, a parte quei pochi sfortunati condannati come me al vanishing. Cosa potrei vedere? Cosa potrei scoprire? Quali possibilità mi aprirebbe trascendere la natura umana?
Con questo pensiero fisso nella mente mi protendo verso l’alto. Il dolore è ormai svanito e il mio corpo, per quanto privo di massa, continua a rispondermi come ha sempre fatto.

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